Servizi sostitutivi di mensa aziendale e app come mezzo di pagamento

L’Agenzia delle Entrate con la risposta 22 agosto 2022 n. 430 ha fornito chiarimenti sull’individuazione della corretta aliquota IVA da applicare al servizio sostitutivo di mensa aziendale fornito per il tramite di un App e dei Ristoranti affiliati a tale circuito.

A riguardo, come più volte chiarito in diversi documenti di prassi, per verificare se una somministrazione di alimenti e bevande ai dipendenti sia riconducibile alla categoria dei servizi sostitutivi di mensa aziendale piuttosto che alle altre tipologie in cui può essere resa (ad esempio, ticket restaurant o mensa diffusa) occorre aver riguardo non solo alle modalità attraverso le quali la prestazione viene resa, ma anche alla presenza di eventuali convenzioni tra i partecipanti al contratto di somministrazione di alimenti e bevande.

Nel caso di specie, l’App incorpora un credito, utilizzato dal dipendente per pagare la consumazione presso il ristorante convenzionato, nel giorno e ora, preferiti, nei limiti ovviamente del credito precostituito dal datore di lavoro.

L’App funge da strumento di pagamento e non dà alcun diritto autonomo ad ottenere la somministrazione di alimenti o bevande.

La suddetta fattispecie non può essere quindi ricondotta l’operazione nell’ambito delle discipline della mensa diffusa e dei servizi sostitutivi di mensa aziendale, non sussistano i presupposti per l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata al 4% prevista dal n. 37) della Tabella A, parte II, del Decreto IVA, bensì quelli per l’applicazione dell’aliquota IVA del 10% di cui al n. 121) della Parte III della medesima Tabella.

I ristoranti quindi fattureranno alla Società le consumazioni dei Collaboratori applicando l’aliquota IVA del 10%.

Farmacie Private – Fondo Sanitario Fasifar: prime informazioni

Le Parti firmatarie del CCNL Farmacie Private informano che è stato costituito il Fondo Contrattuale di Assistenza Sanitaria FASIFAR

“FASIFAR è il Fondo Contrattuale di Assistenza Sanitaria, previsto dal Contratto Nazionale di settore, e costituito dalle Organizzazioni sindacali e Federfarma, per le lavoratrici e i lavoratori delle farmacie private, farmacisti e non farmacisti.”

È la comunicazione fornita dalle Parti.

“In attesa della piena operatività, i lavoratori potranno chiedere le prestazioni sanitarie, per il tramite della Cassa Reciproca sms, che potrà rimborsare le prestazioni anche arretrate a far data dal 1° novembre 2021, mentre si potrà usufruire delle prestazioni da effettuare nelle strutture della rete Unisalute, presenti in tutte le realtà territoriali, se l’azienda si registrerà nel portale di Reciproca sms, e sarà in regola con i versamenti a suo carico, condizione indispensabile per attivare le coperture sanitarie integrative.

L’iscrizione dei lavoratori alla Cassa Reciproca sms, e quindi a Fasifar, e i conseguenti versamenti contributivi dal mese di novembre del 2021, rappresentano un obbligo contrattuale a carico dei titolari delle farmacie. Obbligo che tutela contrattualmente i lavoratori e fornisce la copertura sanitaria a tutti i dipendenti.”

Bonus affitti: via libera dal Fisco per i canoni versati entro il 29 agosto 2022

È possibile fruire del credito per canoni di locazione ad uso non abitativo ed affitto d’azienda, con riferimento alle mensilità per cui i canoni risultino versati entro il 29 agosto 2022, in considerazione delle prospettabili difficoltà interpretative della misura di sostegno individuate in sede europea, che all’origine includeva i canoni di locazione pagati entro il 30 giugno 2022 (Agenzia Entrate – risposta 12 agosto 2022 n. 426).

L’art. 28 del Decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020, conv. con modif. in L. n. 77/2020), al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, ha previsto un credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda al sussistere di determinati requisiti soggettivi ed oggettivi.

Con la circolare n. 14/E del 2020, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per potere fruire del credito, è necessario che il canone sia stato corrisposto; nel caso in cui il canone non sia stato corrisposto, la possibilità di utilizzare il credito d’imposta resta sospesa fino al momento del pagamento. Inoltre, il documento di prassi ha ulteriormente precisato che ai fini della determinazione del credito d’imposta è necessario considerare le somme effettivamente versate e che al fine di dimostrare l’avvenuto pagamento, i soggetti beneficiari, in assenza di un’espressa previsione normativa sul tema, devono rispettare i principi ordinari previsti per il riconoscimento degli oneri ai fini della deduzione dal reddito d’impresa (articolo 109 del TUIR), per ciascuna tipologia di soggetto tenendo conto delle proprie regole di determinazione del reddito d’impresa, avendo cura di conservare il relativo documento contabile con quietanza di pagamento.

Ciò premesso, si rammenta che l’agevolazione si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, come modificate con la Comunicazione C(2021) 8442 del 18 novembre 2021. In particolare, questa misura è stata autorizzata dalla Commissione europea con la decisione C(2022) 3099 final del 6 maggio 2022 ed in conformità a quanto disposto, il credito d’imposta può essere riconosciuto solo per i canoni di locazione pagati entro il 30 giugno 2022.

Pur tuttavia, in considerazione delle difficoltà che potrebbero aver incontrato i destinatari della presente misura agevolativa nell’individuare il corretto ambito di applicazione della Comunicazione della Commissione Europea, l’Agenzia delle entrate, a mezzo di una Faq pubblicata sul proprio sito, ha ritenuto di poter considerare validi ai fini del riconoscimento del credito d’imposta anche i canoni versati oltre il 30 giugno 2022 ma entro il 29 agosto 2022, in applicazione dell’art. 3 co. 2, dello Statuto dei diritti del contribuente.

Requisiti di iscrizione nel RUNTS delle ODV e APS: sospesi i termini di verifica

Per il periodo dal 1° luglio 2022 al 15 settembre 2022 sono sospesi i termini dei procedimenti di verifica della sussistenza dei requisiti necessari per l’iscrizione nel RUNTS (Registro unico nazionale del Terzo settore) delle ODV (organizzazioni di volontariato) e delle APS (associazioni di promozione sociale) coinvolte nel processo di trasmigrazione. Tali procedimenti hanno avuto inizio il 22 febbraio 2022 e hanno una durata di 180 giorni, salve le sospensioni e interruzioni dei termini previste dal D.M. n.106/2022 nonché, da ultimo, dalla predetta novella legislativa.

 

Se alla data del 30 giugno il procedimento è pendente senza che sia stata formulata alcuna richiesta istruttoria da parte dell’ufficio del RUNTS, il computo dei termini si arresta al 30 giugno e riprenderà il 16 settembre.
Laddove alla data del 30 giugno 2022 risultano formulate richieste istruttorie da parte degli uffici del RUNTS, ugualmente per gli enti destinatari di tali richieste, i termini previsti dall’articolo 31 del D.M. n. 106/2022 entro cui fornire riscontro si sospendono per ricominciare a decorrere a partire dal 16 settembre 2022.
Relativamente alle richieste istruttorie formulate dagli uffici del RUNTS nel periodo 1° luglio 2022-15 settembre 2022, il computo del termine di riscontro da parte degli enti comincerà a decorrere dal 16 settembre 2022.
E’ comunque fatta salva la facoltà per l’ente di fornire i riscontri o gli elementi richiesti durante il periodo di sospensione legislativa, senza effetti su quest’ultima.
Inoltre, l’articolo 26-bis del medesimo D.L. n. 73/2022 ha posposto al 31 dicembre 2022 il termine entro il quale le ODV, le APS e le ONLUS iscritte nei previgenti registri possono ricorrere alle modalità e alle maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria per apportare ai propri statuti le modifiche necessarie ad adeguarli al Codice del Terzo settore ((Comunicato Ministero lavoro 22 agosto 2022).

È soggetto passivo IVA il non residente con domicilio fiscale in Italia

Ai fini Iva è considerato alla stregua di un soggetto residente, il non residente con domicilio fiscale in Italia (Agenzia Entrate – risposta 16 agosto 2022 n. 429).

La normativa nazionale attribuisce la natura di soggetto passivo IVA a colui che, nell’esercizio d’impresa, arti o professioni, effettua le cessioni di beni o le prestazioni di servizi rilevanti nel territorio dello Stato.

Con particolare riferimento alle prestazioni di servizi, l’articolo 7, comma 1, del decreto IVA, alla lettera d) prevede, ai fini IVA, che “per soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato si intende un soggetto passivo domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente che non abbia stabilito il domicilio all’estero, ovvero una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato e residente all’estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche si considera domicilio il luogo in cui si trova la sede legale e residenza quello in cui si trova la sede effettiva”.

In linea generale, dunque, chi presta attività professionale si considera soggetto passivo IVA in Italia se:

– è domiciliato in Italia, anche se residente all’estero;

– è residente in Italia e non è domiciliato all’estero;

– è domiciliato o residente all’estero ma possiede una stabile organizzazione in Italia,

con la conseguenza, che, in presenza di uno di questi elementi, le prestazioni rese si considerano, in linea generale, effettuate in Italia.

Ai fini della definizione dei concetti di residenza e domicilio, il Ministero delle Finanze con la circolare n. 304 del 2 dicembre 1997, ha chiarito che l’aver stabilito il domicilio civilistico in Italia ovvero l’aver fissato la propria residenza nel territorio dello Stato sono condizioni sufficienti per l’integrazione della fattispecie di residenza fiscale, indipendentemente dall’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente.

Risulta quindi evidente che:

– è irrilevante l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente ai fini dell’individuazione del soggetto passivo d’imposta in Italia;

– la residenza è intesa quale res facti, poiché non può prescindere dall’insistere sul luogo, con relativa stabilità, del soggetto e l’elemento intenzionale assume rilevanza secondaria;

– il domicilio è, invece, definito res iuris in quanto situazione giuridica caratterizzata dalla volontà di stabilire e conservare in un determinato luogo la sede principale dei propri affari ed interessi.

Nel caso di specie, la circostanza che nel territorio italiano venga costituito il domicilio fiscale, pur in presenza della residenza in un paese terzo (Regno Unito) non è di ostacolo a considerare l’istante quale soggetto passivo di imposta alla stregua di un soggetto residente. Peraltro, poiché il soggetto in questione non svolge, nel paese di residenza, così come rappresentato nella richiesta, alcuna attività professionale o imprenditoriale, nel modello AA9/12, presentato ai sensi dell’articolo 35 del decreto in materia IVA, dovrà indicare il domicilio fiscale ossia il luogo ove sarà svolta l’attività lavorativa, al fine di dotarsi di una partita IVA ordinaria.