Assegno di invalidità maturato in regime di contribuzione internazionale: traformazione in pensione

La regola della totalizzazione, prevista dall’art. 9, par. 1, della Convenzione italo – svizzera del 14.12.62 deve ritenersi applicabile anche alla pensione di vecchiaia da trasformazione dell’assegno di invalidità. Tanto è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 3 novembre 2022, n. 32379.

La Suprema Corte ha confermato la sentenza d’appello che aveva negato alla titolare di assegno di invalidità maturato in regime di contribuzione internazionale il diritto alla pensione di vecchiaia in regime autonomo anziché in regime di contribuzione internazionale, ritenendo non applicabile l’art. 1 co. 10, L. n. 222/84.
L’assegno di invalidità percepito dalla ricorrente si basava su contributi versati in parte in Italia e in parte in Svizzera e senza questi ultimi la stessa non avrebbe avuto diritto al conseguimento dell’assegno in regime autonomo.

I Gudici di legittimità preliminarmente hanno richiamato l’ art. 9, par. 1, della Convenzione italo – svizzera del 14.12.62, secondo cui, quando, in base ai soli periodi d’assicurazione e ai periodi equivalenti compiuti secondo la legislazione italiana, un assicurato non può far valere un diritto ad una prestazione per l’invalidità, la vecchiaia o i superstiti ai sensi di questa legislazione, i periodi compiuti nell’assicurazione vecchiaia e superstiti svizzera sono totalizzati con i periodi compiuti nell’assicurazione italiana per l’apertura del diritto alle suddette prestazioni.
La citata norma, applicabile ratione temporis, introduce, dunque, la regola della totalizzazione sia per le prestazioni di invalidità sia per quelle di vecchiaia, ove la prestazione non possa essere ottenuta in base ai soli periodi d’assicurazione compiuti secondo la legge italiana.

Ebbene, il diritto alla pensione, nel caso di specie, non era attribuito alla ricorrente per effetto della legge italiana, e in particolare in base al solo art. 1, co. 10 L. n. 222/84; la legge italiana, difatti, considera quale presupposto del diritto alla pensione, oltre alla contribuzione figurativa, il diritto all’assegno di invalidità e quest’ultimo non era sorto in base alla sola legge italiana, non avendo il periodo lavorato in Italia fatto maturare la necessaria contribuzione.
Sulla base di tali presupposti, la Cassazione ha evidenziato che la regola di totalizzazione richiamata deve ritenersi applicabile anche alla pensione di vecchiaia da trasformazione dell’assegno di invalidità, nel senso che non può dirsi sorto il diritto alla pensione di vecchiaia in base al periodo equivalente al periodo d’assicurazione compiuto tutto secondo la legge italiana, quando tale pensione derivi da trasformazione della prestazione di invalidità e il diritto a tale prestazione non poteva essere fatto valere in base ai soli periodi di assicurazione compiuti secondo la legge italiana.
 

Vendita irregolare di autovetture: raddoppio dei termini di accertamento

La Corte di Cassazione, con sentenza 03 novembre 2022 n. 32464 è intervenuta sull’applicazione del raddoppio dei termini di accertamento in caso di vendita irregolare di autovetture.

Secondo il testo vigente pro-tempore, ai fini della tempestività dell’accertamento, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331, c.p.p. per uno dei reati previsti dal DLgs n. 74/2000, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione.
Ora, in base all’art. 43, co. 3, D.P.R. n. 600/1973, applicabile ratione temporis, ciò che rileva, ai fini del raddoppio dei termini, è unicamente la sussistenza dei presupposti per l’obbligo di denuncia a carico del pubblico ufficiale che ravvisi i presupposti del reato, non rilevando né l’eventuale mancata denuncia, né l’archiviazione della stessa, né il successivo esercizio dell’azione penale, né, ancora, l’eventuale decisione di proscioglimento, assoluzione o condanna.
Nel caso di specie, per quanto risultante dagli avvisi di accertamento e dal P.V.C., era astrattamente configurabile il reato di “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti” (art. 2, DLgs n. 74/2000), per il quale non sono previste soglie di punibilità.
A riguardo, è applicabile il raddoppio dei termini previsto dall’art. 43, co. 3, D.P.R. n. 600/1973. Né a diversa conclusione può pervenirsi dopo le modifiche apportate dall’art. 2, DLgs n. 128/2015, che ha introdotto un nuovo periodo al predetto art. 43, co. 3, DPR n. 600/1973, in base al quale il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in ci è compresa la Guardia di Finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza dei termini di cui ai commi precedenti, posto che tale norma si applica solo agli accertamenti notificati a partire dall’entrata in vigore di tale decreto legislativo (2 settembre 2015) e, in base all’art. 2, co. 3, DLgs n. 128/2015, sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Invalidità civile: sospensione per assenza a visita

L’Inps rende noto il rilascio, nella procedura “Accertamenti Ispettorato Tecnico Medico Legale”, della funzionalità per la gestione automatizzata dei soggetti convocati a visita che risultino assenti (Messaggio 8 novembre 2022, n. 4029).

 

Qualora il soggetto regolarmente convocato a visita di verifica straordinaria ITML non si presenti, è prevista la possibilità di inserire manualmente, a cura dell’operatore sanitario o del medico, la sospensione per assenza a visita.
Nei casi in cui non venga inserita l’assenza a visita e non sia presente a sistema il verbale di visita, l’assenza sarà comunque registrata automaticamente allo scadere del terzo giorno dalla data di convocazione.
La registrazione dell’assenza a visita in procedura determina l’immediata e automatica temporanea sospensione della prestazione sul “Data Base Pensioni”.
Successivamente l’interessato riceve una comunicazione, generata in procedura ITML, con l’avviso dell’avvenuta sospensione e con l’invito a presentare, entro 90 giorni, idonea giustificazione dell’assenza.
Nell’ipotesi in cui le argomentazioni prodotte siano ritenute idonee a giustificare l’assenza, riprende l’iter di verifica con la comunicazione di una nuova data di visita medica.
Diversamente, qualora il soggetto non produca nessuna giustificazione ovvero la stessa non sia valutata idonea, allo scadere dei termini previsti si provvede alla revoca definitiva del beneficio economico dalla data di sospensione.
 

Domande telematiche per congedi parentali: procedura aggiornata

Grazie all’aggiornamento della procedura informatica alle nuove disposizioni, le domande di congedo parentale dei lavoratori dipendenti del settore privato e dei lavoratori iscritti alla Gestione separata Inps, nonché per le domande di congedo facoltativo del padre vanno presentate in via telematica (Inps – Messaggio 08 novembre 2022, n. 4025)

Al fine di conciliare l’attività lavorativa e la vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, nonché di conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare sono state introdotte alcune novità in materia di maternità, paternità e congedo parentale.
In attesa di adeguare le procedure informatiche a tali novità è stata data la possibilità di presentare la richiesta dei congedi parentali al proprio datore di lavoro o al proprio committente, regolarizzando – dove previsto – successivamente la fruizione mediante presentazione della domanda telematica all’INPS.
A decorrere dall’8 novembre 2022, a seguito dell’aggiornamento della procedura, le domande di congedo parentale delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti del settore privato e degli iscritti alla Gestione separata Inps devono essere presentate in vi telematica. Le domande devono essere presentate prima dell’inizio del periodo di fruizione o, al massimo, il giorno stesso.
È possibile presentare le domande telematiche anche con riferimento a congedi parentali relativi a periodi di astensione fruiti tra il 13 agosto 2022 e l’8 novembre 2022. Per tali periodi, la domande telematiche già presentate prima dell’aggiornamento procedurale saranno considerate valide, senza che sia necessario presentare una nuova domanda.
Per quanto riguarda il congedo facoltativo del padre (art. 4, co. 24, lett. a), L 28 giugno 2012, n. 92), l’Inps precisa che la procedura di domanda per i pagamenti diretti dell’indennità consente la presentazione di domande per giorni di congedo fruiti prima del 13 agosto 2022.

Con successivo messaggio, l’Inps fornirà le indicazioni per le domande di congedo parentale dei lavoratori autonomi, d’indennità anticipata di maternità delle lavoratrici autonome e di congedo di paternità obbligatorio a pagamento diretto. Fino a tale comunicazione, i lavoratori interessati possono fruire delle relative tutele, regolarizzando successivamente la fruizione mediante presentazione della domanda telematica all’INPS.

IVA: cessione di terreni con unità collabenti

L’Agenzia delle entrate, con la risposta del 7 novembre 2022, n. 554, in materia di IVA, ha fornito chiarimenti sulla cessione di terreni con unità collabenti.

La disciplina IVA prevista dai numeri 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del Decreto IVA distingue, ai fini dell’assoggettamento all’imposta delle cessioni di immobili effettuate da soggetti passivi, gli immobili strumentali da quelli abitativi, prevedendo per questi ultimi un generale regime di esenzione.
Le cessioni di fabbricati strumentali costituiscono, invece:
– operazioni imponibili quando effettuate “…dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’articolo 31, primo comma, lett. c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457;”, e a condizione che la cessione avvenga “…entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento…”;
– operazioni esenti in tutti gli altri casi ferma restando la possibilità per il cedente di optare, nel relativo atto, per l’imponibilità (articolo 10, numero 8-ter del Decreto IVA).
La distinzione tra gli immobili ad uso abitativo e immobili strumentali deve essere operata in base al criterio oggettivo della classificazione catastale degli stessi, a prescindere dal loro effettivo utilizzo.
La classificazione catastale al momento della cessione è quindi il criterio di riferimento principale, indipendentemente dalla destinazione di fatto, successiva alla vendita, fatta salva ovviamente la possibilità per l’amministrazione finanziaria di procedere a diverse valutazioni in presenza di eventuali circostanze rilevanti fiscalmente, quali clausole specifiche o accordi preventivi.
Va altresì ricordato che le disposizioni di cui ai citati numeri 8-bis) e 8-ter) non trattano specificamente anche dei fabbricati “non ultimati”.
Ciò induce a ritenere la cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d’ imposta in un momento anteriore alla data di ultimazione del medesimo sia esclusa dall’ambito applicativo dei richiamati nn. 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del d.P.R. n. 633 del 1972 trattandosi di un bene ancora nel circuito produttivo, la cui cessione, pertanto, deve essere in ogni caso assoggettata ad IVA.
Un fabbricato si intende ultimato al momento in cui l’immobile sia idoneo ad espletare la sua funzione ovvero sia idoneo ad essere destinato al consumo.
In base a quanto affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 12 luglio 2012, Causa C-326/11, l’esenzione IVA “…si applica a un’operazione di cessione di un bene immobile composto da un terreno e da un vecchio fabbricato in corso di trasformazione…quando al momento di detta cessione il vecchio fabbricato risulti demolito solo in parte e si, almeno parzialmente, ancora utilizzato in quanto tale”. Quanto a dire che la totale demolizione e l’impossibilità di utilizzo del fabbricato “come tale” esclude l’esenzione IVA della relativa cessione che ricade, invece, nell’ordinario regime di imponibilità.
La fattispecie oggetto del presente interpello riguarda un complesso immobiliare, sul quale la Società ha eseguito parziali interventi di demolizione, interessato da un’articola e complicata vicenda, rispetto alla quale si forniscono i seguenti principi di ordine generale.
Dalle copiose informazioni fornite, l’Agenzia desume che allo stato attuale la Proprietà è censita al catasto nella categoria “F/2 – unità collabenti”, tranne la particella …, foglio …, censita come “F/1 – aree urbane”.
Tali categorie catastali non rientrano in nessuna di quelle per le quali è prevista l’esenzione IVA dai numeri 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del Decreto IVA.
La dichiarazione di collabenza presuppone specifiche verifiche finalizzate ad accertare che l’unità immobiliare, tra cui:
– l’impossibilità di produrre reddito neanche con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria;
– l’assenza di allacci alla rete di acqua, luce e gas;
– l’impossibilità di essere iscritta in altra categoria catastale (ad esempio, una abitazione può perdere la sua redditività nella sua categoria ma può avere una redditività come locale di deposito ascrivibile nella categoria C/2);
– non consista in una delle tipologie che catastalmente non sono né individuabili e né perimetrabili e cioè quelle unità: a) prive totalmente di copertura e della relativa struttura portante o di tutti i solai b) delimitate da muri che non abbiano almeno altezza di un metro. Infatti, se dovessero verificarsi entrambe queste le circostanze, l’unità immobiliare è ascrivibile alla più consona qualità 280 “Fabbricato diruto” del catasto terreni.
Nella sentenza 19 novembre 2009, causa C-461/08, la Corte afferma che quando l’atto di cessione di un terreno, sul quale sorge un fabbricato destinato alla demolizione, prevede espressamente l’impegno a effettuare le prestazioni relative alle opere di demolizione, già iniziate all’atto della cessione, tale fattispecie integra un’operazione unica ai fini IVA, avente ad oggetto non la cessione del fabbricato esistente, ma quella di un terreno non edificato. In tale caso, la CGUE ha dato rilievo al fatto che la demolizione fosse stata iniziata, prima della cessione, dal venditore, che si era assunto contrattualmente l’onere del completamento.
Di contro, la stessa Corte, nella sentenza 4 settembre 2019, C-71/18, ritiene che non può essere qualificata come cessione di “terreno edificabile” la cessione di un terreno che, al momento della vendita, incorpora un fabbricato pienamente operativo ma da demolire totalmente o parzialmente – secondo l’intenzione delle parti. In tal caso la demolizione risulta essere un’operazione economicamente indipendente rispetto alla vendita del suolo e non forma, con quest’ultima, un’unica operazione.
In conclusione, per quanto sinora illustrato l’Agenzia ritiene che la classificazione catastale del fabbricato “al momento della cessione” resta, in generale, il criterio di riferimento principale per applicare il regime di esenzione IVA previsto dai numeri 8- bis) e 8-ter) dell’articolo 10 del Decreto IVA, indipendentemente dalla destinazione di fatto, successiva alla vendita. Se quindi all’atto della cessione la Proprietà è effettivamente inquadrabile nella categoria catastale F/2, in base a elementi oggettivi che ne certifichino lo stato di fatto, come una pertinente e databile documentazione fotografica nonché apposite perizie tecniche – possibilmente asseverate – che ne offrano una rappresentazione fedele anche dello status quo ante, tale operazione non rientra nel predetto regime di esenzione, bensì in quello ordinario di imponibilità con applicazione dell’IVA nella misura del 22 per cento.
Sottolinea, peraltro, che tale ricostruzione non si pone in contrasto con quanto affermato, da ultimo, nella circolare 25 luglio 2022, n. 28/E, in tema di detrazioni per interventi di recupero del patrimonio edilizio, interventi finalizzati al risparmio energetico e superbonus, secondo cui “le unità collabenti, pur trattandosi di categoria riferita a fabbricati totalmente o parzialmente inagibili e non produttivi di reddito, sono manufatti già costruiti e individuati catastalmente.” Tali interventi sono finalizzati alla conservazione del bene e l’agevolazione spetta a condizione che gli stessi non debbano essere considerati come “nuova costruzione”.
Considerato il trattamento IVA come sopra delineato e in virtù del principio di alternatività IVA/Registro di cui all’articolo 40, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, l’Agenzia ritiene che l’imposta di registro debba essere applicata nella misura fissa di euro 200,00.
Nella stessa misura di euro 200,00 sono dovute l’imposta ipotecaria, ai sensi della nota all’articolo 1 della Tariffa allegata al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (TUIC), e l’imposta catastale, ai sensi dell’articolo 10, comma 2, del medesimo TUIC.