La revisione del sistema degli incentivi alle imprese riceve l’ok del Governo

Il Consiglio dei ministri ha approvato, nella seduta del 23 febbraio, un Disegno di legge riguardante la revisione del sistema degli incentivi alle imprese al fine di bloccare l’estrema frammentazione delle attuali politiche di incentivazione

Via libera alla nascita di un nuovo “codice degli incentivi” al fine di bloccare l’estrema frammentazione delle attuali politiche di incentivazione e raggiungere la piena efficienza degli interventi per le imprese. E’ quanto emerso dal Consiglio dei ministri nella riunione di ieri. Il testo delega il Governo ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per la definizione di un quadro organico per l’attivazione del sostegno pubblico attraverso incentivi alle imprese, in modo da razionalizzare e semplificare gli incentivi e ridurre i tempi e i costi delle relative richieste.

La revisione degli incentivi costituisce infatti un passaggio necessario anche per la promozione della politica industriale italiana che richiede sul piano nazionale un maggiore efficientamento degli interventi per le imprese nonché di orientamento verso le sfide globali come la transizione green e digitale.

 

Secondo le rilevazioni rese note dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il sistema agevolativo nazionale ha fatto registrare nel 2021 un numero complessivo di 1.982 interventi agevolativi, di cui n. 229 delle amministrazioni centrali e n. 1.753 delle amministrazioni regionali. Di qui l’esigenza di razionalizzare la materia in un “codice degli incentivi”.

 

Le nuove norme introducono, tra l’altro, i seguenti principi guida degli interventi di incentivazione:

  • programmazione degli interventi da parte di ciascuna amministrazione e indicazione della loro estensione temporale, anche pluriennale, in modo da assicurare un sostegno tendenzialmente continuativo e adeguato alle finalità stabilite;

  • misurabilità dell’impatto nell’ambito economico oggetto degli incentivi, sulla base della valutazione in itinere ed ex post degli effetti ottenuti;

  • rafforzamento della coesione sociale, economica e territoriale per uno sviluppo economico armonico ed equilibrato della Nazione, con particolare riferimento alle politiche d’incentivazione della base produttiva del Mezzogiorno;

  • valorizzazione del contributo delle donne alla crescita economica e sociale della Nazione.

Gli interventi normativi si svilupperanno in una duplice direttrice, dovendo consentire:

  • la “razionalizzazione dell’offerta di incentivi”, attraverso l’individuazione di un insieme limitato e definito di modelli agevolativi;

  • la “codificazione” delle regole procedurali concernenti gli interventi di incentivazione alle imprese, che saranno armonizzate e coordinate in un “codice degli incentivi”.

Il testo promuove inoltre la digitalizzazione e la semplicità delle procedure d’incentivazione e un maggior coordinamento di strumenti già esistenti, come il Registro nazionale degli aiuti di Stato (RNA) e la piattaforma telematica “incentivi.gov.it”. 

Il ddl è collegato alla Legge di Bilancio 2023-2025 in coerenza con le indicazioni del DEF e con il PNRR.

Consolidato Nazionale: modalità e limiti di utilizzo di crediti trasferiti

Le società partecipanti al consolidato possono trasferire alla consolidante crediti d’imposta per un ammontare non superiore all’IRES risultante, a titolo di saldo e di acconto, dalla dichiarazione dei redditi del consolidato (Agenzia delle Entrate, risposta a istanza di interpello 22 febbraio 2023, n. 220).

Con la risposta in commento l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti al quesito posto da una società che ha esercitato l’opzione per il regime del consolidato fiscale, relativamente alle modalità e limiti di utilizzo dei crediti trasferiti, secondo quanto disposto dall’art. 7, co. 1, lett. b), del D.M. 1° marzo 2018, il base al quale ciascun soggetto può cedere, ai fini della compensazione con l’imposta sul reddito delle società dovuta dalla consolidante, i crediti utilizzabili in compensazione, nel limite previsto dall’art. 34 della L. n. 388/2000, per l’importo non utilizzato.

 

In aggiunta, l’istante rappresenta che il credito IVA legittimamente ceduto nel 2020 resta nel 2021 ancora una volta inutilizzato, per questo motivo chiede se il predetto credito possa essere riportato a nuovo nella dichiarazione consolidata dell’esercizio 2021, pur se per tale annualità non sussiste alcun debito IRES.

 

Nel fornisce risposta, l’Amministrazione finanziaria, con riferimento al consolidato fiscale, sottolinea che gli articoli 117 e seguenti del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) consentono di determinare in capo alla società o ente controllante un’unica base imponibile costituita dalla somma algebrica degli imponibili di ciascuna società partecipante. In particolare, l’articolo 121 prevede che ciascuna società partecipante al consolidato debba redigere e presentare, secondo le modalità e i termini previsti dal D.P.R. n. 322/1998, la propria dichiarazione dei redditi senza liquidare la relativa imposta, comunicando alla società o ente controllante il proprio reddito complessivo, le ritenute subite, le detrazioni e i crediti d’imposta spettanti, compresi quelli compensabili (art. 17, D.L.gs. n. 241/1997), e gli acconti autonomamente versati (prima dell’accesso al consolidato). A seguire, l’art. 122 prevede che la società o ente controllante presenta la dichiarazione dei redditi del consolidato, calcolando il reddito complessivo globale e procedendo alla liquidazione dell’imposta di gruppo.

 

Ciò premesso, le società partecipanti al consolidato possono, dunque, trasferire alla consolidante crediti d’imposta per un ammontare non superiore all’IRES risultante, a titolo di saldo e di acconto, dalla dichiarazione dei redditi del consolidato, e comunque in misura tale da non eccedere il limite che, per effetto della Legge di bilancio 2022, a decorrere dal 1° gennaio 2022, è stato elevato a 2 milioni di euro. Gli stessi crediti possono essere utilizzati dalla controllante esclusivamente per il pagamento della predetta IRES (a titolo di saldo e acconto), con la conseguenza che non può residuare in capo alla consolidante un’eccedenza a credito.

Con riferimento al caso specifico, non viene condivisa quindi la soluzione prospettata dall’istante, in quanto il credito IVA trasferito dalla consolidata relativo all’anno d’imposta 2020 poteva essere utilizzato esclusivamente per compensare il debito IRES risultante dalla dichiarazione dei redditi del consolidato (modello CNM) relativo all’anno d’imposta 2020, a titolo di saldo per il periodo d’imposta 2020 e di acconto per il periodo d’imposta 2021.

 

Pertanto, assumendo che il credito IVA sia stato maturato e rispetti tutti i requisiti e le condizioni previste dalla normativa applicabile, la consolidante avrebbe dovuto utilizzare in compensazione il credito IVA, trasferito dalla consolidata, per il pagamento del saldo IRES relativo al periodo d’imposta 2020 e per il pagamento del primo e/o secondo acconto IRES relativo al periodo d’imposta 2021. In questo modo, non sarebbe rimasto alcun credito residuo da utilizzare in periodi di imposta successivi. D’altronde, all’atto del trasferimento del credito IVA da parte della consolidata, l’importo dovuto dal consolidato a titolo di saldo 2020 e acconto 2021 era già noto, pertanto non è plausibile che residui alcun credito da utilizzare nei successivi periodi d’imposta.

Atti e provvedimenti dei procedimenti arbitrali esenti da bollo per la Società di Mutuo Soccorso

L’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti ad una Società di Mutuo Soccorso, iscritta nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, in merito all’esenzione dall’imposta di bollo sugli atti relativi al procedimento arbitrale (Agenzie delle Entrate, risposta a istanza di interpello 21 febbraio 2023, n. 219).

Con particolare riferimento ai procedimenti arbitrali, l’Agenzia delle Entrate richiama l’art. 20 della tariffa allegata al D.P.R.  n. 642/1972, che prevede, per gli atti e i provvedimenti dei procedimenti arbitrali, il pagamento dell’imposta di bollo, nella misura di euro 16.00 per ogni foglio. Poiché l’imposta di bollo su tali atti e provvedimenti è dovuta fin dall’origine, l’obbligazione tributaria deve essere assolta dal soggetto che forma i predetti documenti e, quindi, li consegna o spedisce.

 

Con riferimento al caso rappresentato, ricorda, invece, che l’art. 82, co. 5 del Codice del terzo settore prevede per “Gli atti, i documenti, le istanze, i contratti, nonché le copie anche se dichiarate conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni, le attestazioni e ogni altro documento cartaceo o informatico in qualunque modo denominato”, relativi o richiesti dagli Enti del terzo settore, l’esenzione dall’imposta di bollo.

L’ampiezza della formulazione utilizzata dal legislatore porta a ritenere corretto ricomprendere nel regime di esenzione anche gli atti e i provvedimenti dei procedimenti arbitrali per i quali è prevista l’applicazione dell’imposta di bollo. In linea con quanto ipotizzato dall’istante, l’Agenzia ritiene infatti che il legislatore con tale esenzione ha manifestato la volontà di agevolare il più possibile gli enti del Terzo settore per il ruolo che svolgono, tanto che l’unico limite posto dalla norma per la fruizione del beneficio fiscale è l’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo settore. 

In conclusione, l’Agenzia ritiene che la società di mutuo soccorso istante possa fruire dell’esenzione dall’imposta di bollo.

Crediti d’imposta per ristrutturazioni edilizie in caso di fusione per incorporazione

La società risultante dalla fusione o incorporante può utilizzare in compensazione, post fusione, i crediti presenti nel cassetto fiscale dell’incorporata. Il passaggio in questione non costituisce, infatti, una nuova cessione dei crediti, subentrando l’incorporante a titolo universale in tutti i diritti della incorporata (Agenzie delle Entrate, risposta a interpello 16 febbraio 2023, n. 218).

L’Agenzie delle Entrate fornisce chiarimenti riguardo alle modalità di utilizzo dei crediti d’imposta (art. 121, D.L. n. 34/2020) nel caso di una società cooperativa che intende acquistare i crediti nei confronti dell’erario maturati dai soci attraverso lo ”sconto in fattura”, per i lavori rientrati nell’agevolazione fiscale in materia di ristrutturazioni edilizie e di risparmio energetico (cosiddetti Ecobonus e Bonus ristrutturazione rispettivamente al 65% e al 50%).

 

L’istante fa presente che è stato avviato un percorso di integrazione con un altro consorzio di artigiani. Il progetto di fusione è stato approvato dai due rispettivi consigli di amministrazione a novembre 2022 e iscritto nel Registro delle imprese nello stesso mese. Presumibilmente la fusione dovrebbe concretizzarsi dal 1° marzo 2023. Ciò premesso, la cooperativa chiede chiarimenti sulle modalità tecniche con cui i crediti presenti nell’attuale cassetto fiscale dell’incorporata possano essere trasferiti dal sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate sul cassetto fiscale dell’incorporante.

Nel fornire risposta, l’Amministrazione finanziaria, dopo aver esaminato le modalità applicative della misura richiamata, con riferimento al caso di specie, cita l’art. 2504 bis del codice civile, secondo cui “La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”.
Sotto il profilo fiscale, il TUIR (art. 172, co. 4), stabilisce che dalla data in cui ha effetto la fusione, la società risultante dalla fusione o incorporante subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi, salvo quanto stabilito nei commi 5 e 7 del citato provvedimento.

Tenuto conto delle norme appena richiamate, l’operazione di fusione integra, sia sul piano civilistico che fiscale, una successione a titolo universale dell’incorporante nel complesso delle posizioni giuridiche attive e passive della società incorporata. In particolare, con riferimento al credito d’imposta per investimenti nelle aree svantaggiate, con la circolare n. 38/E del 9 maggio 2002 è stato chiarito che il bonus riconosciuto alle società fuse o incorporate potrà essere fruito dalla società risultante dalla fusione o incorporante in quanto questa subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate.

 

Sul punto, richiama inoltre le risoluzioni n. 118/E del 29 aprile 2009 e n. 22/E del 6 febbraio 2006 che, a proposito del credito d’imposta per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate, hanno specificato che il trasferimento del contributo è consentito unicamente con riguardo ad operazioni che, in base a specifiche disposizioni giuridiche, prevedono una confusione di diritti e obblighi dei soggetti giuridici interessati (ad esempio, in caso di operazioni di fusione, scissione e trasformazione di società). Gli stessi principi, precisa l’Agenzia, valgono anche con riferimento ai crediti d’imposta derivanti da ristrutturazioni edilizie e risparmio energetico di cui è titolare l’istante perché acquistati dai singoli consorziati.

 

Dal progetto di fusione descritto, non risultano specifiche destinazioni delle risultanze della società incorporata. La fusione produrrà quindi i suoi effetti a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui sarà eseguita l’ultima delle iscrizioni degli atti di fusione nel Registro delle Imprese. Pertanto, la data da cui le operazioni della società incorporanda saranno imputate al bilancio della incorporante, sarà quella del primo giorno dell’esercizio in cui la fusione produrrà i suoi effetti. Dalla stessa data decorreranno altresì gli effetti della fusione ai fini delle imposte sui redditi (art. 172, co. 9, del Testo Unico, D.P.R. 917/86).

 

In conclusione, l’Agenzia ritiene che la società risultante dalla fusione o incorporante può utilizzare in compensazione, post fusione, i crediti presenti nel cassetto fiscale dell’incorporata. Il passaggio in questione non costituisce, infatti, una nuova cessione dei crediti, subentrando l’incorporante a titolo universale in tutti i diritti della incorporata.

Tuttavia, per verificare che l’ammontare dei crediti utilizzati in compensazione da ciascun soggetto non ecceda l’importo della quota disponibile per ciascuna annualità, pena lo scarto del modello F24, come già chiarito con la risposta ad interpello n. 153 del 24 gennaio 2023, è necessario che nella sezione ”CONTRIBUENTE” del modello F24 siano indicati:

  • nel campo ”CODICE FISCALE” (c.d. primo codice fiscale), il codice fiscale della società incorporante che utilizza il credito in compensazione;
  • nel campo ”CODICE FISCALE del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare” (c.d. secondo codice fiscale), il codice fiscale della società incorporata che ha trasferito il credito d’imposta, unitamente al codice identificativo ”62 SOGGETTO DIVERSO DAL FRUITORE DEL CREDITO”.

Superbonus 110%: niente più “sconto in fattura”, né cessione del credito d’imposta

Il Consiglio dei ministri ha varato il decreto legge n. 11/2023 per misure urgenti in materia di cessione di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali (Consiglio dei ministri, comunicato 16 febbraio 2023, n. 21).

Il governo ha approvato il D.L. n. 11/2023 che introduce misure urgenti in materia di cessione di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali e, in particolare,  per modificare la disciplina relativa alle spese per gli interventi in materia di recupero patrimonio edilizio, efficienza energetica e “superbonus 110%”, misure antisismiche, facciate, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e barriere architettoniche.

In pratica, dal 17 febbraio 2023, data di entrata in vigore del decreto, con l’eccezione di specifiche deroghe per le operazioni già in corso, non sarà più possibile per i soggetti che effettuano tali spese optare per il cosiddetto “sconto in fattura” né per la cessione del credito d’imposta. Inoltre, non sarà più consentita la prima cessione dei crediti d’imposta relativi a specifiche categorie di spese; resta invece inalterata la possibilità della detrazione degli importi corrispondenti.

In particolare, si abrogano le norme che prevedevano la possibilità di cedere i crediti relativi a:

spese per interventi di riqualificazione energetica e di interventi di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro;

spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile.

Viene anche introdotto il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di essere cessionarie di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con tali tipologie di intervento.

Infine, il testo chiarisce il regime della responsabilità solidale nei casi di accertata mancata sussistenza dei requisiti che danno diritto ai benefici fiscali. Con le nuove norme, ferme restando le ipotesi di dolo, si esclude il concorso nella violazione, e quindi la responsabilità in solido, per il fornitore che ha applicato lo sconto e per i cessionari che hanno acquisito il credito e che siano in possesso della documentazione utile dimostrare l’effettività delle opere realizzate. L’esclusione opera anche per i soggetti, diversi dai consumatori o utenti, che acquistano i crediti di imposta da una banca, o da altra società appartenente al gruppo bancario di quella banca, con la quale abbiano stipulato un contratto di conto corrente, facendosi rilasciare un’attestazione di possesso, da parte della banca o della diversa società del gruppo cedente, di tutta la documentazione. Resta, peraltro, fermo che il solo mancato possesso della documentazione non costituisce causa di responsabilità solidale per dolo o colpa grave del cessionario, il quale può fornire con ogni mezzo prova della propria diligenza o non gravità della negligenza.

In ogni caso, il governo ha assicurato che le associazioni di rappresentanza delle categorie maggiormente interessate dalle disposizioni del decreto-legge in questione saranno sentite dal Governo il prossimo 20 febbraio 2023.