Terzo Settore: regime di incompatibilità tra volontario e rapporto di lavoro

In attuazione della disciplina del codice del Terzo Settore, forniti chiarimenti sul regime di incompatibilità tra volontario e rapporto di lavoro (Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Nota 10 marzo 2022, n. 4011).

Nello specifico, è stato chiesto se il rapporto di lavoro intercorrente tra un determinato soggetto e un Comitato Regionale sia o meno compatibile con l’attività che il medesimo soggetto svolga in qualità di volontario presso (un ente di base) o un Comitato Regionale di diversa Regione appartenente alla medesima rete nazionale, considerata la distinzione esistente tra il datore di lavoro e l’ente presso il quale il volontario opera e la reciproca autonomia.
L’articolo 17 comma 5 del Codice del Terzo settore sancisce il principio della incompatibilità della qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria, prevedendo altresì una deroga limitata alla legislazione delle province autonome di Trento e Bolzano di cui all’integrazione apportata dall’articolo 5 comma 1, lett. a) del d.lgs. 105/2018.
La previsione ha quindi portata ampia e generalizzata, come si evince dal tenore generale della stessa, che fa riferimento a “qualsiasi rapporto di lavoro” e ricomprende anche le entità tramite le quali il socio o associato svolge la propria attività di volontario. Essa va coerentemente rapportata al più ampio inquadramento fornito dai commi 2 e 3 dello stesso articolo 17, secondo cui nel definire il volontario viene innanzitutto evidenziato quale requisito caratterizzante quello della libera scelta, della personalità, spontaneità, gratuità e dell’assenza di finalità di lucro, neanche indirette; in secondo luogo, si prescrive che l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo, vietando altresì rimborsi spese di tipo forfetario.
Tali prescrizioni rispondono alla finalità di valorizzare la libera scelta della persona come consapevole, informata e non condizionata da uno stato di bisogno, onde preservare la genuinità dell’attività tipica di volontariato, finalizzata a soddisfare bisogni altrui che vadano a beneficio della comunità e del bene comune e non di interessi specifici o di parte, sicché l’attività di volontariato esula da qualunque vincolo di natura obbligatoria. Il volontario deve potersi sentire sempre libero di recedere dalla propria scelta, revocando in qualsiasi momento la disponibilità dimostrata, senza condizioni o penali, poiché la sua attività risponde esclusivamente ad un vincolo morale. Al contempo, infine, il citato articolo 17 comma 5 intende assicurare una tutela del lavoratore da possibili abusi legati ad attività che non rispondono alle caratteristiche sopra delineate della volontarietà.
Le disposizioni sopra richiamate devono essere poste in relazione con la profilazione organizzativa in cui ciascuna delle entità componenti di una struttura complessa come una rete associativa o un analogo ente associativo di secondo livello sono caratterizzati, anche sotto il profilo statutario, da autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale e operativa.
Quanto sopra considerato, sotto il profilo formale non appare ravvisabile una situazione di contrarietà della situazione prospettata nel quesito rispetto al dettato dell’art. 17, comma 5 del Codice del Terzo settore, considerato che l’ente datore di lavoro e l’ente che si avvale dell’operato volontario, con riferimento alla medesima persona, risultano a tutti gli effetti soggetti distinti e separati.

Scadenza versamento saldo IVA 2021

Il termine ordinario per il versamento del saldo Iva a debito relativo all’anno 2021 scade il 16 marzo 2022, ma è possibile posticipare il pagamento al 30 giugno ovvero al 22 agosto applicando la maggiorazione e gli interessi.

Il termine ordinario per il versamento del saldo Iva a debito, derivante dalla differenza tra l’ammontare dell’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale IVA/2022, al netto dell’imposta detraibile, e l’ammontare dell’IVA liquidata periodicamente nel corso del 2021 (rigo VL38 della dichiarazione) scade il 16 marzo 2022.

Rateizzazione

È possibile rateizzare l’ammontare del saldo IVA in rate di pari importo, versando la prima rata entro il 16 marzo 2022; le rate successive alla prima devono essere versate entro il 16 di ciascun mese di scadenza e in ogni caso l’ultima rata non può essere versata oltre il 16 novembre 2022. L’importo delle singole rate successive alla prima deve essere maggiorato dello 0,33% per ogni mese o frazione di rateizzazione a titolo di interesse;

Differimento

In alternativa è possibile differire il pagamento del saldo IVA entro il termine di versamento delle imposte risultanti dalla dichiarazione dei redditi (30 giugno 2022), maggiorando l’importo dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivo al 16 marzo 2022. Il versamento può essere effettuato in un’unica soluzione oppure in rate di pari importo con il pagamento della prima rata entro il 30 giugno 2022; in caso di opzione per la rateizzazione l’importo delle rate successive alla prima deve essere aumentato dello 0,33% per ogni mese o frazione di rateizzazione a titolo di interesse;

Ulteriore differimento

In alternativa è possibile beneficiare dell’ulteriore differimento ed effettuare il versamento del saldo IVA entro il 22 agosto 2022 (il differimento è previsto al 30 luglio 2022, ma essendo sabato è posticipato per legge al 1° agosto 2022; i versamenti cadenti tra il 1° ed il 20 agosto possono essere fatti entro quest’ultima data ed essendo sabato, di nuovo la scadenza è posticipata per legge al 22 agosto 2022). In tal caso, all’importo maggiorato dovuto al 30 giugno 2022 deve essere applicata ancora la maggiorazione dello 0,40%. Il versamento può essere effettuato in un’unica soluzione oppure in rate di pari importo con il pagamento della prima rata entro il 22 agosto 2022; in caso di opzione per la rateizzazione l’importo delle rate successive alla prima deve essere aumentato dello 0,33% per ogni mese o frazione di rateizzazione a titolo di interesse.

Compilazione del modello F24

Il versamento deve essere effettuato tramite modello di pagamento unificato F24, con modalità telematiche, scegliendo una delle seguenti opzioni:
– tramite F24-online, utilizzando i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate;
– tramite gli intermediari abilitati;
– tramite home-banking.

In sede di compilazione del modello F24 i dati del versamento devono essere valorizzati nella sezione Erario, avendo cura di indicare:
– nel campo codice tributo, il codice “6099” per l’importo relativo all’IVA ed il codice “1668” per gli interessi da rateizzazione;
– nel campo rateazione, i numeri 0101 (in caso di versamento in un’unica soluzione) ovvero il numero identificativo della rata (in caso di rateizzazione – ad esempio la seconda di 5 rate, sarà 0205);
– nel campo anno di riferimento, il 2021.

Sanzioni e ravvedimento operoso

In caso di omesso versamento (in tutto o in parte) alle prescritte scadenze è dovuta una sanzione pari al 30% dell’importo non versato.

In caso di ritardato versamento non superiore a 90 giorni è dovuta la sanzione pari al 15% dell’importo versato in ritardo.

È possibile regolarizzare l’omesso o tardivo versamento, prima che la violazione sia contestata, beneficiando di una sanzione ridotta, ricorrendo all’istituto del ravvedimento operoso. In tal caso, è necessario versare oltre all’imposta, i relativi interessi calcolati al tasso legale e la sanzione calcolata come segue:

– se la regolarizzazione è effettuata con un ritardo non superiore a 15 giorni dalla scadenza, si applica la sanzione ridotta calcolata in misura pari allo 0,1% dell’importo dovuto per ogni giorno di ritardo fino al quindicesimo giorno;

– se la regolarizzazione è effettuata con un ritardo non superiore a 30 giorni dalla scadenza, si applica la sanzione ridotta pari all’1,5%;

– se la regolarizzazione è effettuata entro 90 giorni dalla scadenza, si applica la sanzione ridotta pari all’1,67%;

– se la regolarizzazione è effettuata entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione, si applica la sanzione ridotta pari al 3,75%;

– se la regolarizzazione è effettuata entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione, si applica la sanzione ridotta pari al 4,29%;

– se la regolarizzazione è effettuata oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione, si applica la sanzione ridotta pari al 5%;

– se la regolarizzazione è effettuata dopo la constatazione della violazione mediante processo verbale ai sensi dell’art. 24, della Legge n. 4 del 1929, si applica la sanzione ridotta pari al 6%.

In sede di compilazione del modello F24 devono essere utilizzati i seguenti Codici tributo:
– 8904 (Sanzione da ravvedimento);
– 1991 (Interessi da ravvedimento).

“Dopo di noi”: nessuna esclusione dall’esenzione per gli atti mortis causa

Il conferimento di beni al fondo speciale, costituito esclusivamente a favore della figlia con grave disabilità, secondo le previsioni della legge “Dopo di noi”, è esente dall’imposta sulle successioni e donazioni, anche nel caso in cui tale destinazione è disposta con atto mortis causa in sede di successione (Agenzia Entrate – risposta 11 marzo 2022, n. 103).

La L. n. 112/2016 è volta ad agevolare disabilità gravi prive del sostegno familiare e le erogazioni da parte di soggetti privati, la stipula di polizze di assicurazione e la costituzione di trust, di vincoli di destinazione di cui all’art. 2645-ter c.c. e di fondi speciali, composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario  in favore di persone con disabilità grave.
L’art. 6, co. 1 della medesima legge prevede che i beni e i diritti conferiti in trust ovvero gravati da vincoli di destinazione ovvero destinati a fondi speciali, istituiti in favore delle persone con disabilità grave, sono esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni prevista dall’art. 2, co. da 47 a 49, D.L. n. 262/2006.
Ai sensi del comma 2 le esenzioni e le agevolazioni sono ammesse a condizione che il trust ovvero i fondi speciali ovvero il vincolo di destinazione perseguano come finalità esclusiva l’inclusione sociale, la cura e l’assistenza delle persone con disabilità grave, in favore delle quali sono istituiti.
Le esenzioni e le agevolazioni disposte nello stesso articolo 6 sono ammesse se sussistono, inoltre, congiuntamente, anche tutte le ulteriori condizioni richieste dalla legge ed indicate nel prosieguo dell’articolo 6.
Detto questo, il caso di specie riguarda un contribuente intenzionato, congiuntamente al proprio coniuge, a costituire un “fondo speciale” disciplinato da un contratto di affidamento fiduciario, avente come beneficiaria esclusiva la figlia affetta da disabilità grave, avvalendosi delle disposizioni agevolative di cui alla predetta legge.
L’Agenzia delle Entrate ha precisato che risulta applicabile l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni prevista dall’art. 6, L. n. 112/2016, anche nel caso in cui tale destinazione sia effettuata con un atto mortis causa mediante il quale il contribuente e il coniuge, in sede di successione, dispongano a favore del predetto fondo speciale.
Tale soluzione tiene conto del dato testuale dell’art. 6 che richiama genericamente i beni e i diritti conferiti in trust ovvero gravati da vincoli di destinazione di cui all’art. 2645-ter c.c. ovvero destinati a fondi speciali senza specificare quali siano gli atti con cui tali conferimenti o destinazioni debbano essere effettuati.
Conseguentemente, in assenza di una esplicita esclusione per gli atti mortis causa, è possibile applicare tale esenzione, indipendentemente dal fatto che si tratti di atti tra vivi o a causa di morte, e pertanto anche ai conferimenti e destinazioni attuate mediante atti mortis causa, ferme restando tutte le altre prescrizioni indicate dalla norma in esame.

Bonus investimenti in beni strumentali: momento di effettuazione

Le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, per i beni mobili, alla data della consegna o spedizione, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale, senza tener conto delle clausole di riserva della proprietà (Agenzia delle entrate – risposta 14 marzo 2022, n. 107)

La legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 185) riconosce un credito d’imposta alle imprese che a decorrere dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, ovvero entro il 30 giugno 2021, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2020 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, effettuano investimenti in beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato.
La legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 1056) riconosce un credito d’imposta, in misura rafforzata rispetto a quello precedente, alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi indicati nell’allegato A annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021, ovvero entro il 31 dicembre 2022, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2021 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione.
In considerazione della parziale sovrapponibilità temporale delle due disposizioni sopra riportate, il Fisco ha chiarito che il coordinamento tra le due discipline agevolative deve avvenire distinguendo il caso degli investimenti per i quali alla data del 15 novembre 2020 (vale a dire anteriormente alla decorrenza della disciplina recata dalla legge di bilancio 2021) si sia proceduto all’ordine vincolante e sia stato versato l’acconto del 20 per cento (c.d. “prenotazione”), dal caso degli investimenti per i quali alla suddetta data non risultino verificate tali condizioni: nel primo caso, gli investimenti, sempre se effettuati (vale a dire completati) entro il 30 giugno 2021, restano incardinati nella disciplina di cui alla legge di bilancio 2020; nel secondo caso si rende applicabile la disciplina introdotta dalla legge di bilancio 2021.
In merito al momento di “effettuazione” dell’investimento, è stato chiarito che l’imputazione degli investimenti al periodo di vigenza dell’agevolazione segue le regole generali della competenza previste dall’articolo 109, commi 1 e 2, del TUIR, secondo il quale le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, per i beni mobili, alla data della consegna o spedizione, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale, senza tener conto delle clausole di riserva della proprietà.

Irap esclusa per il tassista veneziano

Il tassista via acque interne in Venezia che si serve delle strutture della cooperativa di cui è dipendente non è soggetto ad Irap venendo a mancare il presupposto dell’autonoma organizzazione (Corte di Cassazione – ordinanza 08 marzo 2022, n. 7457).

Ai sensi dell’art. 2, D.Lgs. n. 446/1997 presupposto per l’assoggettamento all’Irap è l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla prestazione di servizi, applicabile anche alle “persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate.
Quanto al significato di autonoma organizzazione, la Corte Costituzionale ha puntualizzato che l’imposta incide su un fatto economico diverso dal reddito, cioè su quel quid pluris aggiunto dalla struttura organizzativa alla attività professionale, tale da costituire un indice di capacità contributiva idonea a giustificare l’assoggettamento al tributo, il che non implica alcun limite quantitativo, di prevalenza o meno rispetto al lavoro autonomo esercitato, bensì semplicemente un giudizio di valore sulla idoneità di quella organizzazione a potenziare le possibilità produttive del professionista.
La Corte di legittimità ha esplicitato la nozione di autonoma organizzazione nell’esercizio dell’attività di lavoro autonomo, riconoscendola ai fini IRAP quando il contribuente:
– sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
– impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

Nel perimetrare ulteriormente l’assoggettamento ad Irap del lavoratore autonomo le Sezioni unite, da ultimo intervenute, hanno affermato che il requisito dell’autonoma organizzazione, previsto quale presupposto dell’imposta dall’art. 2 cit., non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive.
La Corte ha anche affermato che per la soggezione ad IRAP dei proventi del professionista autonomo è necessario che la struttura organizzata, di cui questi si avvalga, faccia capo allo stesso non solo ai fini operativi, ma anche sotto il profilo organizzativo, in conseguenza non riconoscendo ad esempio la soggettività passiva all’imposta al professionista che, collaborando presso importanti studi professionali, ne aveva utilizzato la struttura organizzativa, traendone utilità. Si è anche detto che il professionista che svolga l’attività all’interno di una struttura altrui, così difettando di autonomia organizzativa, non è assoggettato all’Irap.
Con riferimento alla professione di medico generico convenzionato con il SSN si è affermato che la disponibilità di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell’art. 22 dell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, rientrando nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sé, in assenza di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo.
In riferimento all’attività di tassista si è affermato che l’esercizio dell’attività di piccolo imprenditore è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. E a tal fine si è ribadito che il requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, con esclusione dunque delle ipotesi in cui sia inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
L’accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.
Detto questo, relativamente al caso di specie, non è assoggettabile all’imposta il tassista via acque interne in Venezia che si serve delle strutture della cooperativa di cui è dipendente per effettuare il servizio di trasporto. In tal caso viene a mancare in presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione.